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Pop corn, pancioni & terza età.

Cronaca di una proiezione di fine estate.

Domenica pomeriggio, città non più vuota, del resto è il 2 settembre. Eppure l’atmosfera è ancora vacanziera, c’è una luce strana, i raggi del sole sono obliqui ma forti, vanno e vengono, fa fresco all’ombra ma sembra ancora estate piena.

Il film inizia alle 17.30, eppure il cinema alle 17.10 è ancora chiuso… strano! Il marciapiedi trabocca di gente che attende all’esterno – infatti è un multisala e oggi proietteranno ben 8 film. Molti i bambini (uno dei titoli è “Hotel Transilvania 3”) che saltellano, corrono in tondo, sghignazzano. Penso ai nostri, abbandonati per due ore ai nonni, ignari che la nostra mèta fosse l’amato cinemà (en français). Ogni tanto ci vuole, e questo film come dico sempre io, e per cui vengo presa in giro, mi “attira” tanto. Alle 17.20 le serrande del cinema si alzano. Una fila mostruosa prende vita in un nanosecondo, pare un enorme lombrico pluri-cefalo. Mentre mi guardo intorno sbirciando le locandine (ma soprattutto per capire quanto costano i pop corn e che grandezza abbiano le loro confezioni) mi accorgo che sto per dare una gomitata alla ragazza dietro a me; fortunatamente ciò non avviene e ritirando il braccio noto che lei presenta un bel pancione di almeno 7 mesi di gestazione. Così le dico “Scusa ma perché non passi avanti?”… Lei sembra schiva, dice che non fa nulla. Ma mi dispiace per lei, ricordo di aver usufruito di questo diritto con grande soddisfazione durante le mie gravidanze, anche se qualcuno ha provato a borbottare o sbuffarmi dietro mentre mi recavo ancheggiando come un pachiderma alla cassa del supermercato. Non mi sembra ci sia molta attenzione, dalle nostre parti, se ti viene avvistata la panciona, immediatamente le spalle vengono voltate con noncuranza (cavoli tuoi se hai le caviglie a canotto, qualche fitta alle ovaie, il fiato corto e un gran peso sui reni… del tipo: “Hai voluto la bici e ora pedala!”).

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Decido di ruotarmi verso le casse, e a gran voce annuncio agli addetti microfonati dietro al vetro che c’è una ragazza incinta che avrebbe il diritto di passare prima degli altri. Mi sono immedesimata, troppo? Forse sono stata invadente? Se non impicciona! Ormai è fatta. Per fortuna nessun borbottio, lei va avanti, verso le casse e poi oltre, verso l’infinito buio che conduce alle sale… almeno lì potrà sedersi subito! Il compagno la raggiunge più tardi, quasi vergognoso, se non pauroso di eventuale linciaggio. Ma perché tutto questo timore?

Ora però la questione più urgente (oltre al fatto che il numero di posti disponibili in sala continua a diminuire) riguarda i pop corn, e una volta acquistati, mi sento decisamente meglio!

La sala è piccola e anche se i posti risultano sfigatissimi, si vedrà bene lo stesso, spero. Ci sediamo. Il mio compagno e compare di avventure (o sventure) visive su grande schermo è contento, lo so: quanto ci piaceva vedere film in sala, un tempo! Quel lontano tempo pre-genitorialità, in cui per noi andare a vedere un film era un vero e proprio rito. Che si facesse la fila o si entrasse all’ultimo secondo, il bello era proprio arrivarci, al cinema, con la pioggia o col sole, di sera o pomeriggio (una volta era di sera e basta), carichi o meno di aspettative per il film rigorosamente scelto da me.

Il film di oggi si intitola “LUCKY”.

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Cos’è che mi ha “attirato” di questo film, prima di vederlo? Innanzitutto il fatto che il regista fosse alla sua opera prima; infatti in realtà John Carroll Lynch nasce come attore e basta guardare una foto per ricollegare in un attimo il suo volto a mille personaggi, forse non principali ma che da molti anni si sono susseguiti sia al cinema che in tv. Si tratta di grandi e piccoli progetti, o di pellicole indimenticabili (come Fargo dei fratelli Coen, per dirne una). Da quel volto si intuisce non so perché una certa sensibilità. Almeno io forse gliela attribuisco adesso, a posteriori, dopo aver visto Lucky: una piccolissima paradigmatica riflessione su quel periodo della vita di cui si affrontano di rado le varie tematiche. La più importante: la consapevolezza di essere in procinto di andarsene. Non è un segreto che questa riflessione sia nata proprio dall’amicizia con Harry Dean Stanton, attore con una carriera lunghissima, e all’epoca delle riprese ormai novantenne, che impersona Lucky magistralmente, regalandogli molto di sé. Stanton concede il suo vecchio corpo malandato e smagrito alla macchina da presa con una sfrontata ingenuità, una quasi fanciullesca naturalezza. La regia rimane quieta e anche se si basa sostanzialmente su prove attoriali, non mancano quadri suggestivi di paesaggi che a noi poco appartengono (cactus, aride distese desertiche) ma che hanno costruito il nostro immaginario – dopo decenni di film western – che rappresenta la storia americana ma anche e soprattutto la storia del cinema a stelle e strisce. Se il topos geografico rimane, chi conosce (e sicuramente ama) Wim Wenders potrebbe come me vivere oltretutto un piccolo deja-vu: il volto di Travis nel 1984 (già troppo vecchio per una Nastassja Kinsky in fiore, ma non quanto quello di Lucky) è esattamente quello di Stanton, ed anche l’abbigliamento da cowboy! Un gentile omaggio di Lynch a “Paris, Texas“?

hatSe si vuol poi scherzare sul cognome dell’attore/regista basta scambiare il binomio con regista/attore: troviamo infatti un altro Lynch il più famoso (nonché amato-e-odiato), David, recitare con disinvoltura in questo delizioso film, a suo agio nei panni di un tenero quanto bislacco amante degli animali (nello specifico una testuggine centenaria). Insomma l’età sembra essere il punto fondamentale da cui partire per poter apprezzare la pellicola, perché racchiude la propria storia personale: ecco che riemerge la seconda guerra mondiale nel dialogo con un marine, i ricordi improvvisi di eventi riguardanti l’infanzia, la ricerca continua di risposte (quiz e cruciverba).

È stato un bel pomeriggio (anzi bellissimo), il film mi ha commosso (la scena del canto è davvero toccante), i pop corn erano buonissimi; ma se voleste leggere una vera e propria recensione ecco dove e come potete farlo:

https://www.masedomani.com/2018/08/30/recensione-film-lucky/

                                                                                               Tutte le immagini sono state scaricate da Pixabay

2 pensieri su “Pop corn, pancioni & terza età.”

  1. Con queato bellissimo pezzo mi hai fatto venire voglia di tornare al cinema dopo ormai ANNI che non vado:) il tuo modo di scrivere è sempre scorrevole e con la giusta dose di ironia. Complimenti !!

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    1. Grazie Claudio! Non ci vuole molto, in fondo. Noi siamo costretti per lo più ad andarci – se capita – di pomeriggio… Non è la stessa cosa ma ci accontentiamo!

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