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Maometto o la montagna? Appuntamento a Liverpool…

Tassativamente senza smartphone.

Non mi è ancora chiaro se fosse dovere della montagna andare da Maometto (ovunque egli si trovasse?), oppure no; perché il tal caso mi pare anche giusto ritenerne più valida l’altrettanto nota alternativa; nonostante Maometto, ipotizzo, non avesse punto voglia di andare fino alla montagna. E’ probabile che l’interpretazione del famoso proverbio possa quindi cambiare a seconda dell’incipit… Ho trovato a tal proposito lumi proprio qui, grazie al Dizionario dei Modi di Dire.

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Fatto sta che qualsiasi versione sia quella giusta, io ho ho dovuto tirar fuori la soluzione al MIO quesito (chi non sapesse di cosa si tratta può leggere un precedente delirio: Vintage e… ); se Jack White non è venuto, non è in procinto di farlo, né ha intenzione di passare anche solo per una mezza serata in Italia ad esibirsi con il suo mega tour mondiale che ha toccato più volte l’Europa, vorrà dire che spetta a me (senza osare – per carità – alcun paragone con Maometto o con la montagna) andare da lui. E così è stato.

20 Ottobre. LIVERPOOL, Space by Echo Arena. C’ero anch’io!

Fare una gita in Inghilterra quando non la bazzichi da vent’anni, è un po’ strano. Nel senso che alcune cose fondamentali possono sfuggire di mente. Come ad esempio che la spina della ricarica del cellulare non entri nella presa della corrente. O dimenticare (mea culpa) che vige imperterrita la sterlina, ma quello non è un problema reale perché ci sono Atm ovunque dove poter ritirare danaro, già cambiato. Nulla però ripaga come la certezza di arrivare alle due di notte di venerdì e trovare tanta di quella gente in strada – neanche fosse Via del Corso a Roma a mezzogiorno – che ubriacheggia follemente facendoti formulare nuovamente la stessa identica domanda di anni e anni prima: “Ma quanto bevono questi inglesi?” … E poi: siamo sicuri che la lingua parlata qui non sia qualche sorta di novello Esperanto creato recentemente?

A parte la pronuncia degli abitanti, Liverpool è una mèta intrigante, particolare, da me scelta perché una tappa prima o poi era d’obbligo nella vita di una persona che a 7 anni sapeva compulsivamente a memoria tutto l’album “Love Songs” dei Beatles. E poi perché Jack avrebbe suonato lì, sabato 20 Ottobre 2018, in una struttura costruita dieci anni fa proprio per ospitare eventi importanti, di vario genere: sport, concerti, manifestazioni, meeting culinari; l’Echo Arena, edificio gigantesco tutto specchi , di fronte al Mare d’Irlanda/fiume Mersey, al Kings Dock.

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Ma andiamo con ordine. Liverpool è una città di provincia, un porto, un polo industriale dove si lavora duro, eppure emerge ad ogni passo una certa spensieratezza. Tutto appare come un continuo incessante rimando alla musica, suoni e melodie si susseguono in modo caotico, forse, ma donano un senso di leggerezza, almeno a me ha fatto questo effetto, forse semplicemente perché ero in vacanza! Karaoke, artisti di strada, tutti cantano, tutti suonano strumenti, molti ballano pure. E si tratta di persone di tutte le età. Ho scoperto per caso che nel 2015 Liverpool è stata designata dall’UnescoCITTA’ DELLA MUSICA“, luogo in cui si pensa alla creatività in modo completamente diverso [non come da noi, dove a proposito di modi di dire c’è “Impara l’arte e mettila da parte” come a far intendere che se vuoi fare l’artista non mangerai tutti i giorni!] cioè come risorsa su cui investire. L’economia della città, infatti, dopo la crisi degli anni ’80 ha avuto una bella ripresa grazie all’industria musicale, supportandola con l’educazione e utilizzando la musica stessa come strumento per la coesione sociale e la partecipazione civica. Una vitalità coinvolgente, che sa far dare sfogo anche ad altri tipi di performance artistiche… E se vogliamo fare un saltino ancora indietro nel 2008 L’Unione Europea l’aveva addirittura già nominata “CAPITALE DELLA CULTURA“. Ebbene… tutto questo traspare davvero, come se la musica fosse tangibile, respirabile, se non addirittura linfa vitale. Mi chiedo quindi se tutto ciò sia nato DOPO la coincidenza storica di aver dato i natali ai componenti della pop band più famosa al mondo, o se invece questo contesto fosse già da PRIMA così caratterizzante da costituirsi come humus necessario per la nascita e la crescita di un tale fenomeno quasi inevitabile! IMG_3057

Pensare che i Fab Four abbiano passeggiato per Albert Dock mi ha messo addosso un improvviso senso di consapevole appartenenza ad un disegno universale, ma nel contempo anche di fronte ad un gap temporale che si allunga sempre più. Tra me e i Beatles la distanza aumenta inesorabilmente, e mi pare assurdo pensare che quando nacqui in fondo si erano sciolti solo da qualche anno.

The Beatles Story è il museo dei Beatles. Chiunque ne sia almeno un po’ appassionato, forse può trovarlo un tantino inutile. Ricostruzioni, foto, ma nessuna notizia in più rispetto a ciò che si può leggere ovunque. L’audioguida è in TUTTE le lingue quindi anche in italiano (that’s incredible). Mi costa fatica ammetterlo ma è stata un’oretta noiosa. Cimeli vari e Cavern Club ricostruito non mi hanno trasmesso molto. Preferisco sentire le loro canzoni, ancora oggi, per avvertire l’espressione di una energia innovativa ancora in divenire che riguardò tutto il mondo, una rivoluzione culturale che forse può far sorridere ora come ora, ma che rese il decennio dei Sixties davvero unico.

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La giornata di sabato è stata bellissima. Il tempo è stato clemente e ci ha regalato sole e caldo, permettendoci di girovagare felicemente. Anche il tramonto è stato notevole, ed è coinciso con il tempo dell’attesa del concerto di Jack White. Da mesi si legge su internet della decisione di Mr. White di vietare al pubblico l’uso di dispositivi elettronici durante il concerto: non sono ammessi smartphone, né registratori, né foto-video camere. Del resto dal suo sito si possono scaricare le (notevoli) foto scattate dal fotografo ufficiale.

“This is a free-phone concert” citano i biglietti .

Perciò all’entrata si viene forniti di un bel marsupietto che sigilla il cellulare. E anche se all’inizio un po’ di rammarico sorge spontaneo (un click, solo uno, scattato da me, che soddisfazione) alla fine ci si dimentica, cosicché venga naturale farsi trasportare solo dalla sua musica. Infatti, come sempre, il saggio Jack ha ragione: esperienza sensoriale al 100%, coinvolgimento totale, scaletta stupefacente, atmosfera bluastra ed avvolgente. Oltre a lui e alle sue 6 guitars, sul palco c’è una band super affiatata (sottolineo la bravura della batterista Carla Azar che lo accompagna spesso e volentieri in tour e dell’immancabile bassista Dominic Davis). Inizio elettrizzante con “Over and over and over”, mi sono quasi commossa sulle note di “Love Interruption”, e gasata con “Cut like a Buffalo” perchè non pensavo che li avrebbe eseguiti; divertita con “Black Bat Licorice” e impazzita con “Freedom at 21” e “High Ball Stepper”. Insomma un mix di assaggi delle sue esperienze tra White Stripes, Raconteurs, Dead Weather e solista, balzando felicemente avanti e indietro nel tempo mantenendo intatto un certo fil-rouge (o fil-bluette visto il colore dominante) che stringe e trascina, culla e agita, allontana e risucchia e che altro non è che il suo talento.

Insieme a me tra il pubblico (oltre alla mia dolce metà che ha reso possibile questo folle rock-weekend) ragazzini quindicenni e signori più o meno distinti sui sessant’anni hanno condiviso (per davvero e non sui social networks) uno spettacolo grandioso in cui rock, blues, hip hop, e pezzi acustici hanno dato una bella conferma: che Jack ci sa fare. Sul serio. Per fortuna, visto quello che ci è costato (pounds or euros, is the same)!

Questo il saluto di Jack a Liverpool

                                                                                Tutte le immagini sono copyright di @whilemyguitargently

4 pensieri su “Maometto o la montagna? Appuntamento a Liverpool…”

  1. Ciao e complimenti per l’articolo! Riesci sempre a destare grande curiosità e voglia di approfondire gli argomenti trattati…su White mi ero già documentato l’altra volta, ora tocca a Liverpool 🙂

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    1. Bravissima come sempre, interessante la tua cronaca, sei sempre così coinvolgente nelle tue descrizioni dei fatti e dei luoghi.Anche io nel 2019 voglio andare ad un conceero del mio amato Bryan, desidero provare le emozioni fortissime, che provo ascoltandolo, anche dal vivo, mi puoi capire…

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      1. Grazie Ivana! Informati bene perché temo che anche tu possa riscontrare il mio stesso problema: Bryan Ferry sembra disdegnare l’Italia esattamente come Jack White… Meditate, gente, meditate…

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