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Recensione: “Il cimitero delle posate”, di Gilda di Nardo

La piattaforma di self-publishing “ilmiolibro” è una vera e propria miniera di nuovi autori e libri originali. In qualche caso fortunato può capitare di imbattersi in lavori davvero originali, autopubblicati e sfuggiti alle case editrici mainstream.

A proposito di casi fortunati, oggi voglio parlarvi de “Il cimitero delle posate”, terzo romanzo di Gilda di Nardo, disponibile in versione ebook qui.

La trama: dopo la morte improvvisa del cugino, Ernesto comincia a riflettere sull’imponderabilità della vita. Affascinato dalle piccole cose, ossessionato dai ricordi, si convince che alcuni oggetti di uso quotidiano possano parlargli. Il ragazzo sviluppa una vera e propria ossessione nei confronti delle posate, rimanendone affascinato al punto da distaccarsi dalla realtà.

cartaceo

In una di queste occasioni, mentre è concentrato nell’osservazione di un cucchiaino, viene investito da una macchina. Dopo una cura di psicofarmaci e la riabilitazione fisica, Ernesto comincia a stare meglio. L’incontro con una piccola azienda, la “Fabbrica dei Sogni”, cambierà la sua vita attraverso un viaggio simbolico che lo porterà alla più semplice delle “illuminazioni”.

 

 

Lo stile è denso, con periodi lunghi e tanti concetti espressi in una frase, espressione tipica dell’ansia di raccontare del non professionista. Pur trattandosi di un romanzo psicologico, non mancano elementi surreali di magia, propri dell’immaginario fantasy: il risultato di questo miscuglio è un mondo letterario davvero originale e divertente. L’autrice lascia (volutamente?) nel mistero alcuni avvenimenti (la morte del cugino, l’infanzia triste di Ernesto) e tratteggia solo sommariamente i personaggi. Perfino i più fondamentali per la “guarigione” di Ernesto sono presentati in poche righe, quasi a volerci dire che non sono importanti tanto loro, quanto il messaggio di cui sono portatori.

La componente psicologica, intesa come continua analisi dei processi mentali, è preponderante. La professione dell’autrice (psicoterapeuta) è subito individuabile dall’uso di termini ricorrenti come “schemi”, “struttura”, “modelli”, “disfunzionale”, e via via sempre più presente nello svolgimento della storia, nell’evidenziare le dinamiche mentali che rendono Ernesto prigioniero dei suoi comportamenti.

A mio parere di lettrice, la scrittura risulta più godibile ed efficace quando l’autrice si discosta dalla sua professione, staccandosi dal suo ruolo e trasformandosi in scrittrice, quale (anche) è, concentrandosi sulla trama invece che sui processi mentali del protagonista; ciò accade soprattutto nelle pagine finali del libro, davvero ben riuscite. Quando si apre all’emotività del personaggio, o quando lo lascia semplicemente vivere, la Di Nardo ci rende partecipi del destino di Ernesto, consentendo finalmente al lettore di empatizzare con lui.

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L’intero romanzo può forse venir letto, per il suo essere viaggio dell’anima, come un percorso di psicoterapia che l’autrice compie con il lettore, con tanti spunti di riflessione sulla creatività, la felicità, la provvisorietà dell’esistenza:

“Ho imparato a vivere con atteggiamento pacifico, sognante e rilassato da quando ho avuto un’illuminazione che ha decisamente, banalmente e paradossalmente dato struttura al mio modo di vivere: la vita è imponderabile, se tutto è fuori controllo posso lasciare semplicemente che le cose accadano. Questo pensiero per me così rassicurante credo potrebbe far impazzire alcuni e infastidire molti, ma per quanto mi riguarda è solo il senso leggero e profondo della mia vita, del mio mondo.” (Ernesto)

La chiave ce l’abbiamo dall’inizio, ma è necessario un lungo viaggio per raggiungere ed interiorizzare la verità. E vivere di conseguenza.

 

Tutte le foto sono di Gilda di Nardo.

2 pensieri su “Recensione: “Il cimitero delle posate”, di Gilda di Nardo”

  1. Recensione molto garbata, credo non sia stato affatto facile soprattutto quando l’autore non è conosciuto. Però interessante, per chi come me svolge una professione simile a quella della scrittrice… Grazie

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