2017. Anno difficile.
Tra le varie difficoltà ho subìto ben due perdite di ben due animali; entrambi casalinghi, entrambi diventati miti e le loro gesta considerate all’unanimità vere e proprie leggende.
Il primo anzi la prima (La Mimma) risiedeva dai miei suoceri; il secondo anzi la seconda (Kalinka) invece dimorava con i miei genitori. Avevano rispettivamente quasi 15 anni e 16-quasi-17 anni. Per carità, età invidiabile per essere mici ma ci siamo resi conto che la vecchiaia è un concetto particolare, direi difficile se non impossibile da applicare ad un animaletto domestico che rimane più o meno uguale, di statura, stazza e carattere dalla maturità in poi. Non apparivano affatto come due anziane e distinte signorotte di città (da salotto), bensì due cucciole cresciutelle, magari non più agili e atletiche come un tempo questo sì, debbo ammetterlo.
Non voglio dilungarmi nel racconto di round sanguinosi (avete presente il wrestling?) svolti sul tappetino/ring del bagno; o di lanci e parate avvenuti nel corridoio (Kalinka era un portiere nato) così come non approfondisco l’argomento “gusto ed alimenti” (non credo tutti gatti siano golosi di cremini, o di olive!). Di certo non posso neanche stare a sottolineare quanto fossero dolci e affettuose perché in realtà i loro caratteri erano piuttosto scontrosi, volubili e spesso poco adattabili: vere e proprie fiere. Una grassoccia e l’altra magra, una con le zampette corte e l’altra longilinea, una con il musetto bello, che pareva disegnato, e l’altra non propriamente una bellezza, forse potremmo definirla “un tipo”!
Con la mia gatta ho vissuto qualche anno: mia sorella la raccattò da scuola e la portò a casa quando aveva appena 13 giorni di vita, orecchie e occhi enormi. La razza: comunissima gattaccia europea; colore: bianco prevalente con chiazze color grigio tigrato e rosso arancio. I primi giorni l’appellativo che andò per la maggiore è stato Ginetta Paolina, poiché innegabile la somiglianza con il noto cantautore. Poi mio fratello tirò fuori il nome. Come la famosa canzoncina popolare russa: Kalinka. Una filastrocca simpatica. E lei bianca com’era sembrava proprio provenire dall’algida Siberia. Fu grazie alla sua venuta che l’anno dopo anche i miei suoceri si decisero. La loro gatta fu chiamata inizialmente Michelle perché così bella da ricordare la Hunziker. Poi col tempo fu ribattezzata: La Mimma. Era tigrata sui vari toni del grigio.
Il fatto è che questi piccoli esserini – anche se talvolta incredibilmente crudeli – si installano all’interno della famiglia e soprattutto negli spazi, nel territorio, con una certa prepotenza e assumono in breve tempo un ruolo ben preciso: diventano i sovrani del piccolo regno di cui dispongono! Questi bravi felini di casa in un attimo vengono viziati se non proprio idolatrati, e soprattutto trattati come figli o fratelli/sorelle minori. Sia La Mimma che Kalinka (detta pure Kalo, Ciako, Miciurin e chiamata in tantissimi altri modi) hanno vissuto una vita di agi e comodità. Nonostante questo, nonostante l’amore, la dedizione, e la voglia di prenderci cura di loro – quand’anche fossero da ostacolo per le nostre vacanze – ricordo che ci chiedevamo spesso se era cosa buona umanizzare la loro esistenza in questo modo. La domanda: meglio un giorno da felino di strada (pseudo leone) o mille da recluso (pseudo pecora), senza alcun rimando alla naturalità dell’animale in sé?
Ho sognato per anni – dopo aver lasciato la casa natìa – di avvertire il peso delle zampette sulla coperta (spesso attraversava il letto con me dentro, facente-fusa, per infilarsi sotto le coperte, per poi balzarne fuori come una furia una volta annoiata dalla situazione). Ho temuto per lungo tempo il momento della sua morte. E quando è arrivata non sono stata affatto pronta.
Il Pet Loss. Cos’é? Nient’altro che la perdita dell’animale domestico. Momento che in alcuni casi sembra non essere facilmente gestibile, perché socialmente poco riconosciuto come dolore vero e profondo. Niente di più sbagliato. Bisogna invece ammettere che si tratta di un lutto; e che come tutti i lutti va elaborato. All’apice della mia sofferenza e chiusa nella bolla del mio egoismo, ho tentato di strappare al mio compagno la promessa che NESSUNA ZAMPA sarebbe entrata in futuro nella nostra famiglia, anche se i bambini avessero insistito; ebbene, mi ha risposto di NO (nel senso che NON me lo promette). Sinceramente: sto ancora elaborando anche questa risposta!
Sul web per fortuna si può trovare un ventaglio di proposte di assistenza psicologica, nei casi più gravi e consigli vari, nei casi meno difficili. Sì perché far finta di nulla è peggio.
Poi se vogliamo trattare l’argomento dal punto di vista pratico, ci sono cose che è bene sapere: la serietà dello studio veterinario – a cui è sempre bene affidarsi – consiste nel dare il dovuto supporto in caso di eutanasia; e in un secondo momento nel comunicare tempi e modalità dello smaltimento funerario (nella maggior parte dei casi si tratta di cremazione). Tutto deve essere certificato e se la cremazione viene effettuata singolarmente si possono richiedere le ceneri. Esistono casi in cui si può seppellire il proprio pet nel giardino di casa, ma solo a determinate condizioni (per evitare di inquinare le falde acquifere, ad esempio).
Lo sapevate che in America esiste il congedo retribuito per chi possiede un animale domestico? Da utilizzare quando serve: appena si adotta, oppure se ha bisogno di cure / interventi chirurgici e, soprattutto, quando si avvicina il momento dell’addio.
Ho detto tutto. O quasi.
* Chi non conoscesse la canzone dei Led Zeppelin può ascoltarla qui sotto. In realtà la voce inconfondibile di Robert Plant e gli assoli elettrici ed elettrizzanti di uno dei chitarristi più celebri della storia del rock, Jimmy Page, non hanno nulla a che vedere con questo argomento. Ma c’è un ricordo che mi porto dietro, in effetti. Si tratta di diciassette anni esatti fa, era febbraio. In quel periodo non si sa con quale coraggio mi esibivo come cantante (per fortuna eravamo in due, a fare figuracce) in una band famosissima a Roma (I Pedicure, li conoscono tutti, mi pare) ed eravamo stati ingaggiati per una serata: un compleanno, in maschera. Quella sera avrei cantato anche qualche canzone dei Led Zeppelin. Ero intenta nella prova costume quando nella mia vita è arrivato un esserino minuscolo. Il mio animo da rocker duro (travestito da Capitan Harlock completo di benda e cicatrice) si è sgretolato in un istante: ho visto quella robina piccinissima e me ne sono innamorata ♥…
Libri per affrontare la perdita.
Le immagini sono copyright di @whilemyguitargently tranne la maschera copyright di @CrazyDiamondtts
Non ricordo quale poeta scrisse al suo cane: “Hai soltanto cinque anni, ma io non faccio che pensare a quando non ci sarai più”. La consapevolezza che un giorno li perderemo ce li fa tenere ancora più stretti, ma forse l’insegnamento più prezioso che ci danno è proprio quello di “lasciare andare” in un senso quasi buddista. Grazie per il tuo articolo!
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