Recentemente ho letto il libro “Un cane è meglio del Prozac” di Bruce Goldstein. Ho trovato alcuni spunti interessanti che vorrei condividere con voi.
In questo libro l’autore, un giovane pubblicitario newyorkese, ci racconta la sua caduta improvvisa in una grave forma di depressione bipolare. Dopo l’incontro con una psichiatra e una psicoterapeuta, Bruce trova una combinazione di farmaci che lo fa sentire meglio; nonostante ciò, ha ancora parecchie difficoltà a relazionarsi in modo “normale” con le altre persone. Soffre di gravi attacchi depressivi, con allucinazioni terribili. Bruce si sente molto solo, perché i suoi amici di un tempo non riescono proprio a capirlo. Lui desidera solo essere amato e stare meglio, ma gli altri sembrano non avere la pazienza di stargli accanto. A questo punto, l’idea geniale: prendere un cane! Si reca in un allevamento e prende un cucciolo, un labrador nero che chiamerà Ozzy. Il cucciolo viene quindi comprato appositamente per aiutarlo a superare questo momento di grave disagio mentale.
Comincio con il dire che, nonostante il libro sia davvero godibile (e a tratti tragico, visto il tema trattato), l’autore mi trova in quasi totale disaccordo.
Partiamo dall’inizio: comprare un cane è un’idea che va contro non solo l’amore per gli animali, ma anche il buon senso. Non è mia intenzione trattare l’argomento adesso, ma mi riprometto di parlarne in seguito, in un post dedicato.
Inoltre, diciamo subito che prendere un cane per “guarire” qualsiasi tipo di disagio serio non è mai una buona idea.
“Prendi il cucciolo e sarai felicissimo. Vedrai. Tutto quello che ti serve è amore incondizionato.” B. Goldstein
Purtroppo si ignora che un cane non risolve mai nessun problema, anzi. A livello organizzativo, di impegno quotidiano, di spesa economica, vi dico senza tema di smentita che complica ulteriormente le cose, a volte anche di parecchio. Inoltre la sua euforia e il suo entusiasmo (soprattutto da cucciolo), possono innervosire le persone che vivono un momento di disagio psichico. Nel libro stesso ad un certo punto si intuisce questo pericolo: quando l’autore vede per la prima volta quello che diventerà il suo cane, viene infastidito dal suo pigolio incessante, che “gli dà sui nervi” e rischia di provocargli una crisi.

Ho verificato anche io, nel mio piccolo, una situazione simile. Una famiglia di miei vicini di casa aveva preso un cane, un cucciolo di jack russell, pensando che avrebbe potuto aiutare uno dei tre figli, sofferente di gravi accessi di rabbia: pessima idea, pensai. Lo pensammo tutti, ma nessuno ebbe il coraggio di dire nulla. Andò a finire che il bambino non solo non migliorò, ma trovò nel cane una valvola di sfogo fisico ai suoi attacchi. Insomma il cane veniva picchiato dal bambino; a quel punto intervenni io, con la faccia da schiaffi che mi contraddistingue. Li convinsi a lasciarmi il cane e trovai un altro padrone: un ragazzo giovane, equilibrato e con un bel giardino a disposizione. In questo caso c’è stato un lieto fine, ma non era così scontato che accadesse. Anche Ozzy (specialmente da cucciolo) ha rischiato spesso la pelle per la disattenzione o le paranoie del suo proprietario. Per inciso, ora il jack russell sta benissimo, e io ho fatto qualcosa di buono per il mio karma 😉 .
Dobbiamo farci mille domande prima di prendere un cane, perché è una scelta che comporta grandi responsabilità; per soddisfare un nostro bisogno egoistico, corriamo il rischio di coinvolgere l’animale in situazioni spiacevoli e renderlo un cane non equilibrato (e di conseguenza pericoloso anche per gli altri).
Un cane non è solo amore incondizionato. Non sta lì come un dispenser affettivo per elargire amore senza chiedere nulla in cambio, solo perché noi ne abbiamo tanto bisogno; né tanto meno deve diventare un surrogato affettivo di un partner o di un figlio che non c’è. Il cane deve essere amato innanzitutto rispettando la sua natura di cane.
Ciò significa dargli delle regole, impostare un rapporto di rispetto reciproco, fargli fare attività fisica, occuparsi della sua salute e della sua alimentazione. E volergli bene, certamente, ma questo vi verrà spontaneo grazie alla sua amabile natura.
Ricordiamoci che il cane non “nasce imparato”: dobbiamo insegnargli tutto, anche a non fare i bisogni in casa, anche ad andare al guinzaglio e a seguire il padrone. Non è affatto “istintivo” per lui capire le basi dell’educazione. Ci vuole una pazienza infinita, ed un ambiente quanto meno sereno (nei limiti del possibile), per prendersi un impegno del genere.
I cani non sono tutti uguali: alcuni sono più impegnativi, altri meno, dipende dal carattere. Alcuni sono territoriali, e litigano con ogni altro cane che incontrano in passeggiata. Altri hanno un’indole aggressiva, da guardia. Alcuni sono molto testardi, e bisogna conquistare la loro fiducia per farsi obbedire. Ci sono dei cani problematici che hanno bisogno di un educatore professionista, e anche questo non farà sorridere il vostro portafoglio. Ecco il perché di tanti abbandoni: le persone non sono preparate all’impegno e alle “rotture di scatole” che un cane comporta.
Lo stesso Bruce, l’autore del libro, ha la tentazione di riportare indietro Ozzy, dopo un paio di notti insonni a causa dell’esuberanza del cucciolo e l’appartamento allagato di pipì canina.
Io sono la padrona felice di Eva, da quasi 5 anni. Ovviamente mi è capitato un cane mooooolto impegnativo e molto testardo, quindi so di cosa parlo. Durante la sua vita ha combinato disastri di ogni genere, ha centuplicato il mio lavoro nelle pulizie domestiche, ha distrutto nell’ordine un divano, svariati pigiami, un paio di Birkenstock, un numero incalcolabile di ciabatte, calzini, libri. Mi ha costretto a uscire per le passeggiate anche con la febbre, il mal di testa, sempre, comunque, tre volte al giorno, no excuses. Mi ha fatto cadere in strada più volte, procurandomi lividi e figuracce in quantità. La sua “fase cucciolo”, quella in cui il cane sembra caricato a molla e non si ferma un attimo, è durata a lungo, almeno due anni. Diciamo che ha iniziato a comportarsi in maniera decente (e per decente intendo non psicopatica), all’età di due anni e mezzo. Ma devo dire che sono stati i due anni più divertenti della mia vita. Nonostante non mi aspettassi minimamente un impegno simile, sono stata sempre ripagata dalla dolcezza, dalla simpatia, dallo sguardo complice e felice della mia cana pazzarella. Il rapporto tra essere umano e cane è una di quelle cose difficilissime da spiegare a parole, è tutto istinto e zero spiegazioni.
Per questo mi definisco “padrona felice”. Vivere con un cane è bellissimo e lo scoprirete, se deciderete di adottarne uno. Ma prima di farlo guardatevi intorno, ed assicuratevi di avere un ambiente equilibrato dove intraprendere questa avventura meravigliosa.
Grazie a Silvia Schiaroli per la consulenza.
Grazie a Giorgia Marinucci per l’ispirazione.
Le foto sono di Federico Ferrari.
A parte condividere la tua posizione in tutto e per tutto, considero interessante una riflessione sulla Pet Terapy in generale… E poi: Eva è stupenda! 😉
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Vero! Anche la Pet Therapy ha dei lati “oscuri”. Grazie anche da parte di Eva 😉
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Interessantissimo articolo. Condivido in pieno quello che dici sull’importanza di non sottovalutare l’impatto emotivo ed organizzativo di un cane. Hai ragione anche a dire che non si deve comprare, quando i canili strabordano di poveri animali in attesa di affetto. Insomma concordo su tutta la linea. ^__^
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Grazie per il tuo commento! Spero di trattare ancora l’argomento adozioni in maniera più esaustiva.
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